Cap.1:
Storia del circuito.
Spa-Francorchamps: un nome entrato di diritto nella storia dell’automobilismo.
Tutto ha inizio nel 1920 quando Jules de Thier, dirigente della
testata giornalistica “La Meuse”, e Henri Langlois
Van Ophem, membro della commissione sportiva del RACB (Royal Automobile
Club Belgium), si ritrovano in una assolata domenica all’hotel
des Bruyères, situato nella cittadina di Francorchamps,
con l’intento di mettere giù le basi per creare un
circuito per gare motoristiche sfruttando le strade di collegamento
tra la stessa Francorchamps ed i vicini paesi di Malmedy e Stavelot
normalmente aperte al traffico. Nasce un tracciato di 14,98 km
con lunghissimi rettilinei interrotti da curve di varia natura,
alcune delle quali destinate a diventare delle icone dell’automobilismo.
L’idea si rivela vincente in quanto la tipologia dei tratti
stradali impiegati, la cappa quasi mistica del paesaggio delle
Ardenne e la vicinanza della città di Spa, famosa per i
centri termali e pronta ad investire danaro in quantità
per sfruttare la pubblicità indotta dagli eventi ospitati
(da qui il nome di Spa-Francorchamps), creano un mix di fattori
tali da permettere al circuito di essere inserito immediatamente
nei calendari di alcuni eventi motoristici.
Paradossalmente la prima vera gara svoltasi sul circuito di Spa-Francorchamps
non fu una gara automobilistica, bensì una gara motociclistica.
Infatti nel 1921 solo un pilota si iscrisse alla gara per autovetture
in programma su circuito belga, con la conseguenza che la gara
stessa venne annullata.
Solo dopo un anno, nel 1922, vennero raccolte adesioni in numero
sufficiente per dare luogo ad una gara di autovetture.
Nel 1924 si svolse la prima edizione della 24 ore, una corsa che
poi si sarebbe affermata negli anni seguenti come una delle più
importanti nell’ambito delle gare di durata. La prima competizione
per vetture da Gran Premio si svolse invece nel 1925, quando sette
vetture si sfidarono nella pista delle Ardenne per il Gran Premio
d’Europa con la vittoria finale di Antonio Ascari su Alfa
Romeo.
Dagli anni ’20 sino alla Seconda Guerra Mondiale, il circuito
ospitò vari Gran Premi di motociclismo, la celeberrima
24 Ore ed il Gran Premio del Belgio di automobilismo.
Il circuito in questi anni subì alcuni piccoli ma importanti
cambiamenti. Nel 1930 la lunghezza totale venne portata a 14,57
km, mentre quattro anni più tardi la curva destrorsa di
Malmedy venne strettita. Cambiamenti più radicali vennero
apportati nel 1939 quando venne inaugurato un tratto artificiale
unico nel suo genere: al posto dell’originario tornantino
del Douanne, venne inserita una veloce quanto insidiosa serpentina
sinistra-destra-sinistra in contro pendenza rispetto al rettilineo
di avvicinamento che prese il nome di “Eau Rouge”.
La modifica venne realizzata con l’intento di rendere il
circuito di Spa il più veloce nel panorama dei circuiti
da Gran Premio del periodo, in competizione soprattutto con il
famoso tracciato tedesco del Nurburgring. Questa modifica portò
la lunghezza totale del circuito a 14,12 km.
I bellicosi eventi della Seconda Guerra Mondiale, fermarono le
competizioni per sette anni, finchè, nel 1947, sia le auto
che le moto tornarono a cavalcare l’asfalto del bellissimo
circuito belga.
Il 18 Giugno del 1950 si tenne il primo Gran Premio del Belgio
valido per il campionato del mondo di Formula Uno. La gara, svoltasi
sulla distanza di 35 giri, venne vinta dall’asso argentino
Juan Manuel Fangio su Alfa Romeo che precedette sul traguardo
il compagno di squadra Luigi Fagioli. La pole venne stabilita
da Nino Farina, poi laureatosi Campione del Mondo, che terminò
la gara al quarto posto. Nel periodo seguente vennero apportate
altre modifiche al circuito per semplificare alcune curve. Il
tratto di Malmedy venne notevolmente rallentato dall’introduzione
di una chicane. Nel 1958, dopo le citate modifiche, il circuito
misurava in totale 14,099 km.
Pur essendo un circuito estremamente veloce e difficile, Spa-Francorchamps
non aveva comunque registrato sino a quel momento incidenti di
particolare entità. Sfortunatamente questo stato di cose
si interruppe bruscamente nel 1960, quando si verificò
il primo episodio funesto, anzi se ne verificarono ben due in
una sola manifestazione. Nel corso del Gran Premio del Belgio
di F1 di quell’anno infatti perirono in due distinti episodi
i piloti inglesi Chris Bristow ed Alan Stacey. Mentre stava battagliando
per la sesta posizione in gara, Bristow perse il controllo della
sua Cooper Climax nella velocissima discesa di Burnenville. Uscì
di strada a fortissima velocità e morì sul colpo.
Sei giri più tardi Alan Stacey, probabilmente a causa dell’urto
fortuito con un volatile, andò a schiantarsi mortalmente
con la sua Lotus 18 nell’insidioso tratto di Malmedy mentre
si trovava in sesta posizione.
Un altro grave episodio, fortunatamente non fatale per la vita
dei piloti coinvolti, si verificò nell’edizione del
Gran Premio del Belgio di F1 del 1966. Tempo da lupi a Spa Francorchamps
quel 12 Giugno con pioggia, vento e freddo: condizioni non inusuali
in quelle zone, ma certamente non ideali per fare da scenario
ad una gara di Formula Uno. Al momento della partenza sulla griglia
non piove, ma nessuno si illude che queste condizioni siano costanti
per tutti i 14 km del circuito. In effetti la pioggia attende
i piloti a Malmedy. Bonnier su Cooper è il primo a perdere
il controllo, coinvolgendo anche Mike Spence su Lotus. Nello stesso
punto comunque sono in diversi ad avere problemi. Anche Denny
Hulme su Brabham e Jo Siffert sulla Cooper del Team di Rob Walker,
finiscono la loro corsa a Malmedy per uscita di strada. Graham
Hill riesce miracolosamente a passare indenne, evitando le vetture
senza controllo davanti a lui.
Dopo Malmedy c’è un lungo rettifilo che porta i piloti
alla difficile esse di Masta. In quel punto la sede stradale era
attraversata trasversalmente da un vero e proprio fiume d’acqua.
Hill si ritrova davanti questo scenario giungendovi ad una velocità
di oltre 200 Km/h e non riesce a mantenere il controllo della
sua BRM tradita dall’acquaplaning. La corsa di Hill finisce
in una scarpata adiacente alla parte interna della parte finale
della esse di Masta, quella verso destra che avrebbe poi portato
verso Stavelot. Fortunatamente, a parte alcuni lividi, Hill non
riporta problemi fisici, al contrario del suo compagno di squadra
Jacky Stewart finito anch’esso fuori strada nella stessa
scarpata pochi metri più avanti. Le condizioni di Stewart
appaiono subito preoccupanti: era incastrato nelle lamiere contorte
della sua BRM, era in stato di incoscienza ed una perdita di benzina
stava inondando il corpo del pilota di carburante. Una situazione
davvero delicata. In quel punto del circuito oltretutto non erano
presenti ne commissari di gara, ne tantomeno mezzi di soccorso.
Hill capisce che deve affrontare la situazione con le proprie
forze. In suo aiuto arriva nel frattempo anche il terzo pilota
BRM, Bob Bondurant, anch’esso finito fuori pista in quel
punto. I due tentano di estrarre Stewart dai resti della sua monoposto,
ma senza successo. Hill si rende conto che senza smontare il volante
sarebbe stato impossibile tirare fuori il pilota scozzese, così
inizia a guardarsi intorno nella speranza di trovare qualche attrezzo
utile alla causa.
La fortuna volle che uno spettatore avesse l’auto parcheggiata
nelle vicinanze ed ecco quindi che salta fuori la chiave inglese
che ci voleva. Hill e Bondurant a questo punto, una volta smontato
il volante della vettura di Stewart, riescono ad estrarre il pilota
oramai completamente inzuppo di benzina. Non essendo presente
alla Masta, come detto, alcun commissario in grado di poter chiamare
soccorsi, Stewart viene trasportato a braccia dagli altri due
piloti in una casa nelle vicinanze dalla quale Hill, telefonicamente,
riesce ad avvertire la direzione gara dell’accaduto. Dopo
oltre venti minuti arriva finalmente un’ambulanza che carica
il pilota ferito. Ma non è ancora finita. L’ambulanza
dopo essere passata dai box a caricare la moglie di Stewart ed
il team manager della BRM, parte diretta al più vicino
ospedale, quello della cittadina di Verviers, scortata da una
pattuglia di agenti. Succede però che l’autista dell’ambulanza
non riesce a stare dietro agli agenti che fungevano da staffetta
e, non essendo pratico del luogo, riesce a recapitare Stewart
all’ospedale solo dopo un’ulteriore perdita di tempo.
Fortunatamente il pilota scozzese non era messo troppo male, avendo
riportato la frattura di una spalla e di alcune costole. La sera
stessa Stewart viene trasferito in aereo nel più attrezzato
ospedale londinese di Saint Thomas dove inizierà la riabilitazione.
Il glorioso ma pericoloso circuito da 14 km venne comunque mantenuto
nel calendario iridato di F1 fino al 1970, quando la sicurezza
dei piloti iniziò ad avere un’importanza più
rilevante. Lo stesso Stewart, protagonista dell’incredibile
episodio appena raccontato, si renderà protagonista di
una crociata per far si che gli standard di sicurezza dei circuiti
e delle vetture venissero aumentati per salvaguardare il più
possibile la vita dei piloti.
Come altri circuiti, Spa-Francorchamps subì a partire al
1979 diverse modifiche che lo resero meno pericoloso della versione
“storica”. La lunghezza si dimezzò a complessivi
7 Km, togliendo la parte da Les Combes sino a Blanchimont (quindi
vennero meno le parti di Burnenville, Malmedy, Masta, Stavelot
e La Carriere), realizzando un nuovo tratto di collegamento. Il
nuovo circuito, sul quale il “circus” della Formula
tornò a gareggiare nel 1983, ripropone comunque una serie
di curve (la celeberrima Eau Rouge su tutte) che lo rendono ancora
uno dei più belli e difficili nel panorama dell’automobilismo
mondiale.
Cap. 2: Visita alla “vecchia” Spa.
Il 20 Agosto 2002 ho fatto visita al vecchio circuito di Spa Francorchamps,
in Belgio. Di seguito il diario di quella giornata emozionante.
Un tuffo nel passato. Arrivare a Spa Francorchamps equivale a
compiere un vero e proprio viaggio nel tempo, un salto all’indietro
fino a raggiungere i tempi in cui Clark, Stewart, Hill, Surtees,
Hulme, Brabham e soci, solcavano le strade del mondo con le loro
veloci e pericolose auto da corsa.
Qui si respira l’automobilismo che fu, si sente l’odore,
il profumo nell’aria. Davanti agli occhi nomi tipo Stavelot,
Malmedy, Masta, scorrono come se niente fosse. La leggenda della
Formula Uno abita da queste parti.
In una giornata dove il sole non riuscirà mai a fare breccia
tra la coriacea coltre di nubi amica delle Ardenne, mi appresto
a mettere le ruote su strade urbane un tempo teatro di epiche
battaglie tra cavalieri senza macchia e senza paura, autentici
giocolieri del rischio e della morte.
Francorchamps è un paesino quasi del tutto inglobato dal
circuito che a tutt’oggi, notevolmente accorciato e modificato,
fa da palcoscenico all’unica vera gara di Formula Uno rimasta
nel calendario iridato. Appuro che “Spa” è
un paese più grande, sito a circa 30 chilometri da Francorchamps,
che in pratica sponsorizza finanziariamente lo svolgimento delle
gare, facendosi pubblicità per le rinomate stazioni termali
e dando il nome ad un Gran Premio che in realtà però
non ospita geograficamente. Ecco spiegato il perché del
binomio “Spa-Francorchamps”.
Non è difficile, una volta sul posto, riconoscere le strade
del vecchio circuito. Ecco che risalendo in senso contrario il
circuito da Malmedy, arriviamo alla curva di Les Combes, dove
la strada è chiusa in corrispondenza con la fusione tra
il vecchio ed il nuovo circuito.
Da qui riprendiamo il giusto senso di marcia ed iniziamo il tour
vero e proprio, passando per Burnenville, ciò che rimane
dell’insidioso tratto di Malmedy, fino alla Masta, dove
la fermata è d’obbligo. Rimaniamo sbigottiti pensando
a quei pazzi che osavano affrontare questa curva a tavoletta,
a oltre 270 Km/h, rasentando burroni, tombini, pali della luce
e case.
La celeberrima “Fritteria” della Masta pare aspettarci:
il sogno di sedere lì con un panino, un pò di patatine
e una birra ad ammirare e celebrare il Mito, finalmente si è
avverato.
Con la fantasia si vedono sfrecciare le Lotus e le Ferrari, seguite
dalle Eagle e dalle Cooper…
Voltandoci per un’ultima volta, riprendiamo la strada sul
rettilineo di Holowell, pronti ad incontrare il curvone di Stavelot.
Stavelot oggi è una traversa della strada principale, praticamente
usata solo da chi ha una casa nei paraggi. Comunque mantiene inalterato
tutto il suo fascino ed un brivido ti percorre la schiena quando
vedi spuntare le spallette del celebre ponticello…
Tutto il tratto di ritorno verso Blanchimont è usato pochissimo
dalla viabilità ordinaria in quanto la strada viene interrotta
per gran parte dell’anno dalle barriere di separazione del
circuito attuale. Questo scarso utilizzo si è però
ripercosso sul mantenimento di questo velocissimo tratto del vecchio
circuito. La strada qui è molto rovinata ed un pizzico
di malinconia pare dipinta sul volto delle curve che portano nell’anima
i fasti di un automobilismo ormai estinto.
Lo sbarramento quasi militaresco del nuovo circuito ci fa capire
che la gita nel passato è terminata, ma questa visita rimarrà
per sempre nei nostri cuori e non sarà facile dimenticare
un luogo dove il mito e la realtà si fondono dando vita
ad un vero e proprio museo a cielo aperto.
Cap. 3: L'emozione di un giro di pista.
La versione su cui stiamo per cimentarsi è quella da 14,100
km in vigore dal 1958 al 1978.
Il giro inizia lanciandosi in discesa in piena accelerazione in
uscita dal tornantino della Source. Si arriva in quarta marcia
alla curva dell’Eau Rouge, una chicane sinistra destra con
un cambio di pendenza tra le due curve! Si affronta la prima curva
a sinistra in quarta e prima della curva a destra in contropendenza
di scala in terza.
La tremenda compressione tenderebbe a portare la vettura verso
l’esterno, e quindi bisogna essere abili e tempestivi a
dirigere senza paura la vettura verso l’interno della curva
a destra, sfruttando anche una parte del fuori pista se necessario.
Dopo l’Eau Rouge si prosegue in salita con una curva cieca
verso sinistra che dobbiamo cercare di anticipare il più
possibile, anche qui usufruendo della terra battuta all’interno
della curva. Entriamo nel rettifilo del Kemmel da fare in pieno,
con due curve a destra sempre da affrontare col piede a tavoletta.
Bisogna uscire ben allineati dalla seconda curva per effettuare
la frenata di Les Combes dove si scala dalla quinta alla seconda
marcia. Les Combes è una lunga curva sinistrorsa da affrontare
tutta in seconda, sovente in controsterzo. E’ importante
anche qui accelerare il prima possibile in uscita per affrontare
poi la lunga discesa verso Burnenville.
Questa parte in discesa si fa tutta in pieno passando per la larga
esse di Haut de la Cote, fino al curvone verso destra di Burnenville.
A metà curva, quando questa tende a chiudere un po’,
si scala in terza marcia cercando di uscire composti per la frenata
che immette nella sezione di Malmedy.
Malmedy è una chicane sinistra destra sinistra in forte
discesa. La prima curva verso sinistra và fatta in terza
marcia cercando di tenere il centro pista per poi tagliare subito
all’interno la controcurva a destra con un dislivello altimetrico
da vertigini.
Ancora in terza in accelerazione entriamo nell’ultima curva
di Malmedy, verso sinistra cercando di mantenere una grip sufficiente
a farci accelerare nella semicurva verso destra che ci porta nel
rettilineo Masta. Entriamo in quarta nel lungo rettilineo preludio
alla curva Masta cercando di inserire il prima possibile la quinta
e stando attenti al passaggio vicino ad un muro di cemento presente
sulla sinistra della pista. Tutto il rettilineo viene percorso
a tavoletta preparandoci ad affrontare la terribile curva Masta,
una veloce esse sinistra destra a circa 300 Km/h.
Teniamo la parte destra della pista fino ai 100 metri, poi ci
gettiamo sempre a tavoletta verso sinistra affrontando la prima
parte della curva. Qui dobbiamo cercare il più possibile
l’interno, poi alleggeriamo un po’ il piede e portiamo
la vettura verso destra cercando di chiudere la seconda parte
della esse. La vettura tenderà a scivolare verso l’esterno
ed è importante mantenerla in pista e nel contempo non
alzare ulteriormente il piede per non pagare poi dazio nel rettilineo
seguente. La manovra è tutt’altro che semplice e
non è affatto raro il ricorso a difficili correzioni d’emergenza
che, nel migliore dei casi, ci faranno perdere un mare di tempo.
Il rettilineo di Holowell si fa tutto in pieno e si entra in quinta
marcia a tavoletta nel curvone di Stavelot verso destra dove prima
si scala in quarta e a metà in terza. Si fa lavorare il
differenziale cercando di evitare la deriva verso l’esterno
finché si esce dalla curva, sul ponte e si mette la quarta
in leggera salita, quindi la quinta con la quale si percorre in
pieno la curva verso sinistra che ci immette nel tratto di ritorno
verso il traguardo. A questo punto, tenendo la parte destra della
carreggiata, si percorre una esse sinistra destra che si potrebbe
anche fare in pieno, pennellando perfettamente le curve sfruttando
anche una buona parte del fuori pista. Può essere anche
conveniente alzare leggermente il piede in uscita, giusto per
ritrovarsi ben allineati nel corto rettilineo che fa da preludio
a La Carriere.
Si arriva quindi in quinta piena a La Carriere, dove si frena
e si scala fino alla terza, sfruttando il differenziale in rilascio
in piena derapata. In uscita da questa insidiosa curva è
fondamentale dare gas il prima possibile in quanto ci troviamo
a percorrere un lungo rettifilo in salita dove è necessario
non far perdere al motore i giri in alto. Ci immettiamo ora nella
sezione di Blanchimont dove entriamo in frenata percorrendo in
terza una prima curva a sinistra e poi subito una seconda curva,
sempre a sinistra, dove possiamo passare in quarta in accelerazione,
stando attenti a non volare nell’insidioso fuori pista.
Subito dopo troviamo una curva da fare in pieno verso destra quindi,
sempre in quarta marcia, percorriamo la curva verso sinistra che
ci immette nel rettilineo opposto ai box. Ai 150 metri occorre
una decisa staccata con relativa scalata fino alla prima marcia
per percorrere la Source, il tornantino che ci riporta in discesa
verso il traguardo, pronti ad affrontare un nuovo giro sulla stupenda
pista di Spa.