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CAPITOLO 1

Pensando ad un amico.

Quando, il primo agosto 1968, il Piper Aztec di Graham Hill iniziò le operazioni di decollo dall’aeroporto di Ginevra, Jackie Stewart se ne stava tranquillamente seduto a chiacchierare al suo interno in compagnia di Betty Hill, Jo Bonnier e Jo Siffert. Parlavano di vari argomenti, ma il loro ricordo non poteva non fermarsi a quel Jim Clark che era scomparso proprio ad inizio di stagione, durante una gara minore di Formula 2. Il vuoto, lasciato dal talento cristallino del pilota inglese, era davvero ancora troppo difficile da colmare e la stessa Formula 1 era alla ricerca di un pilota che potesse venir definito come il suo degno “erede”.

L’aereo staccò le ruote dalla lunga striscia di asfalto dell’aeroporto ed iniziò il suo viaggio, direzione Nurburgring. Tutto il volo si svolse senza il minimo problema ed i tristi pensieri rivolti a Jim Clark lasciarono infine il posto per i soliti, inevitabili, discorsi che precedevano ogni gara.

Quando iniziarono le operazioni di sbarco, caddero le prime gocce di pioggia. Il circuito del Nurburgring distava soli trenta chilometri dall’aeroporto così, una volta arrivati alla pista, Stewart ebbe tutto il tempo per percorrere tre giri del tracciato. Assieme a lui, a bordo di una Volkswagen salirono il suo meccanico, l’immancabile Ken Tyrrell e due tecnici della Dunlop. La visibilità in pista, nonostante la pioggia, era quasi perfetta. Fu l’ultima volta in cui lo scozzese riuscì a vedere le 173 curve del ‘Ring così nitidamente, durante quel week-end…

Nel corso della notte tra giovedì e venerdì, la nebbia iniziò ad insediarsi lungo i boschi che circondano Adenau e Nurburg. Così, durante la sessione di prove del venerdì mattina, Stewart – a bordo della sua Matra alleggerita, dotata per l’occasione di nuovi freni – decise di percorrere solo una quindicina di giri del tracciato corto, con l’obiettivo di rodare le nuove componenti e le gomme.

CAPITOLO 2

Un evento in forte dubbio.

La visibilità, inferiore ai 300 metri, sconsigliò allo scozzese di avventurarsi lungo i tratti, già insidiosi in condizioni normali, del circuito. Non c’era – d’altronde – alcun motivo per rischiare, dal momento che c’erano a disposizione dei piloti due sessioni di qualificazione, una al pomeriggio ed una il sabato.

La pista, in ogni caso, non era assolutamente nelle condizioni di ospitare un Gran Premio, dal momento che la nebbia impediva ai commissari di vedersi tra di loro. Nonostante tutto, alcuni “temerari” vollero approfittare delle condizioni di pista quasi asciutta per cercare di realizzare un buon tempo e verificare i limiti delle loro monoposto. E così, nonostante la visibilità ridottissima, Jacky Ickx, Chris Amon, Graham Hill, John Surtees, e Jochen Rindt siglarono dei riscontri cronometrici che si sarebbero rivelati – alla luce dell’ulteriore peggioramento delle condizioni climatiche – irraggiungibili per tutti gli altri.  Tuttavia, il significato di questi tempi, ottenuti durante le prove libere, era assolutamente relativo.

Nel pomeriggio della giornata di venerdì, i commissari decisero che le condizioni climatiche non permettevano di garantire un adeguato livello di sicurezza ai piloti lungo il tracciato e pertanto non permisero lo svolgimento della prima sessione di prove ufficiali. Lo schieramento di partenza si sarebbe dunque deciso nell’unica sessione di qualificazione rimasta disponibile: quella del sabato.

Tutti i piloti però furono concordi nel giudicare non sufficiente un’unica sessione di qualificazione ufficiale ed i commissari, accogliendone la richiesta, decisero di organizzare una seconda sessione di prove domenica mattina.

CAPITOLO 3

Le sessioni di qualificazione.

Il Nurburgring impone sempre una certa attenzione ai piloti e anche dei grandi cambiamenti della vettura non sempre trovano riscontro in significativi miglioramenti cronometrici. Fu così anche per Stewart che, nonostante tutte le modifiche di assetto, non riuscì a migliorare il tempo di 9:54.2 che gli assicurò il sesto posto.

La pole position fu invece conquistata da Jacky Ickx su Ferrari, grazie ad un incredibile tempo di 9:04.0 che gli permise di staccare di oltre dieci secondi Chris Amon, suo compagno di squadra, di ventisette Jochen Rindt su Brabham Repco e di più di quarantadue secondi Graham Hill.

Nella sessione domenicale, mentre percorreva il suo giro più veloce, Stewart affrontò la pista forse nel momento peggiore: la pioggia cadeva incessante ed in maniera molto intensa, la nebbia – in alcuni tratti – offriva una visuale di pochissimi metri e veri e propri fiumi d’acqua attraversavano la sede stradale. Il rischio di aquaplaning, in questi casi, era elevatissimo.
Anche lo scozzese fu costretto a misurarsi con questo fenomeno, riuscendo con un abile, quanto fortunato, controllo a riprendere la pista.

CAPITOLO 4

Il vero Nurburgring.

Già in condizioni ideali il Nurburgring è una vera e propria sfida con sé stessi, il proprio coraggio e la propria vettura. Jackie Stewart ci scherza su, ma non esagera quando dice che: “Spesso si chiede ai piloti quale sia il loro circuito preferito. Nella maggioranza dei casi ci si sente rispondere che il Nurburgring è il più appagante, quello che da maggiori soddisfazioni al pilota dal punto di vista del pilotaggio. Quasi sempre però, i piloti dicono queste parole mentre sono seduti sui divani, nella tranquillità della loro casa, davanti ad un caminetto dove il fuoco screpita… Non credo, invece, che molti di loro ammettano di divertirsi, mentre guidano una Formula 1 al ‘Ring… Io so che ogni volta che devo guidare su quella pista, quando rientro ai box faccio un respiro molto profondo perché, mio Dio, sono contento di esserci tornato sano e salvo!

Dopo il testacoda, Stewart rientrò ai box, dove – non è difficile crederlo, viste le precedenti parole – si sentì a casa come non mai. Lo scozzese, tuttavia, non riteneva assolutamente possibile continuare a correre in quelle condizioni, non voleva rischiare di compromettere con un incidente la vettura per la gara che sarebbe partita poche ore dopo.

Jackie Oliver, che non la pensava come lo scozzese, continuò a girare finché non ebbe un incidente nel tratto che precede l’Adenauer Forst capitatogli quando mancavano soltanto due ore e mezza alla bandiera verde…
Il pilota inglese riuscì in ogni caso a prendere il via della gara soltanto grazie all’abilità dei suoi meccanici, che sistemarono i danni della sua Lotus permettendogli di schierarsi in tempo in griglia.

CAPITOLO 5

La protesta e la partenza.

A causa delle condizioni climatiche avverse, contrariamente a quanto avveniva di solito, i commissari decisero di cambiare la griglia di partenza. Normalmente la prima fila veniva occupata da quattro vetture, la seconda da tre e la terza da quattro. In questa occasione, invece, tre vetture andarono in prima fila, due in seconda, tre in terza e così via. La costante presenza della nebbia e della pioggia, in ogni caso, consigliò gli organizzatori a rinviare la partenza di 45 minuti rispetto al programma.

Il ritardo si spiega anche con la mediazione che fu necessaria per convincere i piloti a scendere in pista. Anche se, ad onor del vero, Ken Tyrrell ordinò – senza troppi giri di parole – a Stewart di salire nella vettura…

A cinque minuti dal via, il rombo dei motori squarciò il silenzio quasi irreale del ‘Ring, immerso in una dannata nebbia ed attanagliato da un’umidità che penetrava nelle ossa di tutti gli spettatori che erano accorsi numerosissimi, nonostante il tempo.

Una procedura un po’ insolita, quella di accendere i motori a cinque minuti dal via, che creò non pochi problemi ai propulsori, in particolare ai Ford di Jo Siffert e Graham Hill, all’Honda di John Surtees ma anche al Ford di Stewart, dove l’indicatore segnava una temperatura prossima ai 100°C.

CAPITOLO 6

Il binario di Jackie.

Quando il direttore di gara sventolò la bandiera – a quell’epoca non c’erano i semafori – Jackie Ickx vanificò il risultato delle qualifiche con una partenza disastrosa, in seguito ad un eccessivo pattinamento degli pneumatici. Stewart fu danneggiato dall’infelice scatto del ferrarista, tanto che dovette spostarsi sulla pit-lane per passarlo. Nel farlo però, gli pneumatici della sua Matra finirono all’interno della canaletta di scolo che affiancava la pit-line, la quale era a malapena annegata nell’asfalto. A Stewart sembrò per qualche istante di guidare una vettura che procedeva lungo i binari del treno. La sua speranza era quella che il binario non fosse morto…

Non fu facile, per il pilota della MS10, uscire da quella situazione, ma per sua fortuna ben presto le sue Dunlop tornarono sull’asfalto. La partenza di Stewart fu, in ogni caso, brillante e lo scozzese si ritrovò in terza posizione alla prima curva, alle spalle di Graham Hill e Chris Amon. Queste furono le uniche sequenze della gara che gli spettatori furono in grado di vedere abbastanza nitidamente.

CAPITOLO 7

La nebbia e l'acqua.

Da quel momento in poi, si rivelava difficile anche solo capire il colore della monoposto che transitava. Alla nebbia, infatti, ora andava a sommarsi la nuvola d’acqua che le vetture sollevavano e che non riusciva a diradarsi a causa della presenza degli alberi proprio ai bordi del tracciato. Stewart, che aveva davanti due sole vetture, riusciva a malapena a vedere la pista. Nonostante tutto, si trovava in una situazione decisamente migliore rispetto all’ultimo in classifica…

Nello stesso punto in cui Jackie Oliver si era schiantato in mattinata, Stewart attaccò e superò Chris Amon grazie ad una manovra dove il coraggio, l’audacia e l’incoscienza superarono di gran lunga la ragione che avrebbe consigliato chiunque di alzare il piede, se non di rimanere a casa, magari davanti ad un caminetto acceso… Appena superò il ferrarista all’Adenauer Forst, la paura che lo stava attanagliando (mai si era sentito così, all’interno di una monoposto) di colpo svanì e lo scozzese si sentì come libero.

CAPITOLO 8

L'attacco decisivo.

La scia sollevata dalla Lotus di Hill sembrava un muro invalicabile oltre al quale era difficile immaginare cosa potesse succedere. Guidare in quelle condizioni, al ‘Ring, è un’impresa veramente da temerari del volante. L’andamento della pista, in termini altimetrici è quantomeno vario, le curve tutte diverse le une dalle altre… E’ veramente semplice sbagliare direzione, confondere una curva dall’altra, un tratto della pista dall’altro.

Giulio Borsari, indimenticabile meccanico di Ferrari e Maserati, sempre al fianco di grandi piloti come Fangio e Moss, ricorda un aneddoto legato ad un’edizione del Gran Premio tedesco. Si sa che i piloti, per memorizzare le piste, utilizzano stratagemmi diversi. Felice Bonetto era solito percorrere i circuiti di notte. Quando si avventurò lungo i 23 km del ‘Ring, il buon Borsari era al suo fianco. In più di un’occasione notò come il pilota italiano affrontava una curva come se questa fosse destrorsa, mentre invece svoltava a sinistra…

A questa naturale difficoltà insita nel disegno del tracciato, provate a sommare una nebbia che permetteva una visuale di poche decine di metri, una pioggia intensissima, un muro d’acqua che riduceva praticamente a zero il campo visivo e la paura di trovarsi di fronte dei piloti che – in seguito ad un incidente o quant’altro – si fossero fermati in mezzo alla pista. Sommando le componenti, potrete capire lo scenario infernale con cui si dovettero confrontare i piloti, quel giorno, ed in particolare Jackie Stewart.

CAPITOLO 9

Il muro e la leadership.

In scia alla Lotus, Stewart iniziò a pensare quale potesse essere il punto migliore per tentare un sorpasso ai danni di Hill. Nella sua mente, il punto ideale era quello che precedeva il lunghissimo rettilineo del Dottinger Hohe.

Per farlo, Stewart avrebbe dovuto guidare la sua Matra al meglio nel tratto del piccolo Karusell, in modo da avvantaggiarsi in uscita ed attaccare l’inglese nella curva che precede il rettilineo. La Matra blu dello scozzese entrò nella nuvola d’acqua sollevata dalla verde Lotus di Hill. Per qualche frazione di secondo, Stewart trattenne il respiro. Ma ad un tratto, il muro d’acqua davanti a lui svanì, sostituito dalla sagoma della vettura di Hill. L’oramai non più giovanissimo pilota inglese, forse sorpreso dall’audacia e dalla spericolatezza della manovra, rinunciò a resistere e Stewart ebbe così via libera.

Lo scozzese, in stato di grazia, continuò a spingere come se pioggia e nebbia non fossero un problema suo e fu in grado di guadagnare otto secondi su Hill, solamente nel tratto che separava il luogo del sorpasso dal traguardo. Nei due giri successivi, Stewart riuscì ad assicurarsi ben 34 secondi di vantaggio sul rivale.

A questo punto, Stewart iniziò a pensare che sarebbe stato il caso di gestire quel divario che – per gli altri – sarebbe stato molto difficile colmare. Il pupillo di Ken Tyrrell dunque iniziò a rischiare molto di meno in alcuni tratti del tracciato, preoccupandosi solamente di mantenere il controllo della sua Matra e di tenerla lontana dalle insidie del circuito dell’Eifel.

CAPITOLO 10

L'attacco di Amon.

Dietro ad uno Stewart imprendibile, Hill cercava di difendere i sei punti che il secondo posto gli assicurava e che gli avrebbero permesso di non perdere di vista il titolo di campione del mondo. Questa volta il pilota della Lotus non si sarebbe lasciato scavalcare tanto facilmente, avrebbe venduto cara la pelle.

Chris Amon, su Ferrari, si portò ben presto nella sua scia. Un po’ come Stewart, anche il ferrarista cercò più e più volte uno spiraglio tra quel muro d’acqua, ma senza successo: d’altronde, al ‘Ring non si passa se non si è in grado di mettersi in gioco, di gettare il cuore oltre gli ostacoli.

Amon decise che il momento per attaccare Hill era arrivato. La sagoma della Ferrari entrò nel muro d’acqua per uscirne subito, non a fianco della Lotus del britannico, ma fuori pista, in testacoda. Decisivo, infatti, fu il terribile mix tra l’asfalto viscido e l’olio perso dalla Lotus che fece perdere aderenza alla monoposto del Cavallino Rampante.

Hill non si accorse di nulla, probabilmente neppure Amon, dal momento che non riuscì in alcun modo ad evitare l’impatto contro il guard-rail. Anche se non ebbe conseguenze per il pilota, l’uscita di pista coincise con il ritiro della Ferrari.

CAPITOLO 11

Un altro sport.

Ma Hill, come detto, non si accorse di nulla, tanto che temette di sentirsi colpire proprio dalla vettura di Amon quando, poco più avanti, incappò in un pauroso testacoda.

Anche in questo caso, la bravura del pilota, sommata ad una grande dose di fortuna, permisero ad Hill di riprendere la gara, sempre in seconda posizione. Tuttavia, proprio a causa del tempo perso, l’inglese finì nel mirino di Jochen Rindt, a bordo della Brabham. Purtroppo, l’austriaco dovette arrendersi all’affidabilità del suo motore proprio quando stava iniziando a minacciare sempre più seriamente Hill.

Stewart, intanto, sembrava correre a bordo di vetture di un’altra categoria. Raggiungeva e doppiava gli avversari con una facilità disarmante, controllava la sua Matra come se stesse disputando una gara su pista asciutta, e – pur senza forzare il ritmo – guadagnava secondi su secondi sugli avversari. Tutto questo, mentre le situazioni climatiche non miglioravano, anzi.

CAPITOLO 12

I brividi e la gloria.

A tre giri dalla conclusione, Stewart rischiò di gettare alle ortiche l’impresa che stava costruendo. L’acqua oramai stava iniziando ad allagare il circuito, le discese e le salite sembravano alvei naturali per piccoli fiumi profondi anche alcuni centimetri.

Transitando su uno di questi fiumiciattoli, a poca distanza dal Karusell, la Matra di Stewart divenne incontrollabile. L’aquaplaning fece scivolare le ruote posteriori ed il motore Ford si ammutolì. Stewart stava assistendo – quasi impotente – alla corsa della sua vettura fuori dalla pista, proprio verso una postazione (non protetta) di un commissario. L’erba, inzuppata d’acqua, accelerava – più che rallentare – la corsa della monoposto blu. Lo scozzese capì immediatamente che quel commissario si trovava nel punto più sbagliato, in quel momento.

Il commissario, dal canto suo, scelse una via di fuga, ma si bloccò subito quando si accorse di aver fatto la scelta sbagliata. La tragedia sembrava oramai inevitabile, ma Stewart riuscì a sfruttare al massimo il poco grip che avevano trovato gli pneumatici posteriori per riprendere il controllo della vettura, evitare il commissario e rientrare in pista, sempre in prima posizione.

CAPITOLO 13

Un vantaggio incolmabile.

Quel punto, tuttavia, divenne protagonista poco dopo, quando vi transitò Graham Hill. Il pilota inglese finì in testacoda, ma con meno problemi rispetto a Stewart visto che il commissario aveva deciso di spostarsi in una postazione più sicura…

Dopo questo grande spavento Stewart decise di amministrare davvero, fino alla conclusione della corsa, il suo vantaggio su Hill. Passarono oltre quattro minuti e tre secondi prima che il campione della Lotus transitasse sul traguardo, dopo che il direttore di gara aveva sventolato la bandiera a scacchi sul vittorioso pilota della Matra.

CAPITOLO 14

Un degno erede per Jim.

Gli altri piloti subirono distacchi altissimi: Rindt, terzo alla fine, si ritrovò staccato di quattro primi e nove secondi, Ickx – mago della pioggia – di quasi sei minuti. Distacchi abissali che davano l’esatta misura dell’impresa compiuta da Stewart.

Nonostante fosse ancora sofferente a causa della frattura al polso subita in seguito ad un incidente con le Formula 2, Stewart vinse all’incredibile media di 139,800 km/h. Incredibile non in termini assoluti (il record era stato stabilito l’anno precedente da Hulme con 153,300 km/h) quanto per le condizioni proibitive in cui si era svolto il Gran Premio. Probabilmente, con Jackie Stewart la Formula 1 aveva trovato il degno erede del compianto Jim Clark.

La monografia soprastante è stata scritta in esclusiva per FormulaZero e non può essere copiata, duplicata, replicata o modificata senza il previo consenso dell'autore.
Luca Giraldi
Per FormulaZero

I RISULTATI

Fonte: Wikipedia

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Jackie Stewart
14 giri in 2h19'03"2
Primo classificato
Graham Hill
a 4'03"2 dal vincitore
Secondo classificato
Jochen Rindt
a 4'09"4 dal vincitore
Terzo classificato

Nurburgring, 4 agosto 1968

  1. Jackie Stewart | Matra-Ford | 2:19:03.2
  2. Graham Hill | Lotus-Ford | + 4:03.2
  3. Jochen Rindt | Brabham-Repco | + 4:09.4
  4. Jacky Ickx | Ferrari | + 5:55.2
  5. Jack Brabham | Brabham-Repco | + 6:21.1
  6. Pedro Rodríguez | BRM | + 6:25.0
  7. Denny Hulme | McLaren-Ford | + 6:31.0
  8. Piers Courage | BRM | + 7:56.4
  9. Dan Gurney | Eagle-Weslake | + 8:13.7
  10. Hubert Hahne | Lola-BMW | + 10:11.4
  11. Jackie Oliver | Lotus-Ford | + 1 Giro
  12. Kurt Ahrens, Jr. | Brabham-Repco | + 1 Giro
  13. Bruce McLaren | McLaren-Ford | + 1 Giro
  14. Richard Attwood | BRM | + 1 Giro
  15. Chris Amon | Ferrari | Incidente
  16. Jean-Pierre Beltoise | Matra | Incidente
  17. Jo Siffert | Lotus-Ford | Accensione
  18. Lucien Bianchi | Cooper-BRM | Perdita benzina
  19. John Surtees | Honda | Accensione
  20. Vic Elford | Cooper-BRM | Incidente

Nurburgring, 3 agosto 1968

  1. Jacky Ickx | Ferrari | 9:04.0
  2. Chris Amon | Ferrari | 9:14.9
  3. Jochen Rindt | Brabham-Repco | 9:31.9
  4. Graham Hill | Lotus-Ford | 9:46.0
  5. Vic Elford | Cooper-BRM | 9:53.0
  6. Jackie Stewart | Matra-Ford | 9:54.2
  7. John Surtees | Honda | 9:57.8
  8. Piers Courage | BRM | 10:00.1
  9. Jo Siffert | Lotus-Ford | 10:03.4
  10. Dan Gurney | Eagle-Weslake | 10:13.9
  11. Denny Hulme | McLaren-Ford | 10:16.0
  12. Jean-Pierre Beltoise | Matra | 10:17.3
  13. Jackie Oliver | Lotus-Ford | 10:18.7
  14. Pedro Rodríguez | BRM | 10:19.7
  15. Jack Brabham | Brabham-Repco | 10:23.1
  16. Bruce McLaren | McLaren-Ford | 10:33.0
  17. Kurt Ahrens, Jr. | Brabham-Repco | 10:37.3
  18. Hubert Hahne | Lola-BMW | 10:42.9
  19. Lucien Bianchi | Cooper-BRM | 10:46.6
  20. Richard Attwood | BRM | 10:48.2

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