Nel tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo giro, Fangio – pur aumentando il ritmo – non recuperò che sei secondi.
Quaranta secondi da colmare e sette giri da compiere. Un’impresa disperata.
Ma al Nürburgring le magie sono sempre possibili ed i 22 km di asfalto offrirono la possibilità al “Campeon” di sfoderare tutta la sua immensa, inavvicinabile classe e alla 250F di evidenziare tutte le sue doti velocistiche, di stabilità e di agilità.
Chi era presente lungo il tracciato ricorda molto nitidamente l’espressione che si formò sul viso di Fangio: un largo sorriso, quasi satanico, attraversava le sue labbra.
A dire il vero, non era raro che il campione argentino sorridesse mentre guidava, ma in questa occasione, forse, Fangio stava realizzando la portata dell’impresa che stava compiendo.
Al sedicesimo giro il ritardo da Hawthorn era sceso a 33 secondi. Il distacco scendeva in maniera costante, così come i suoi tempi, nettamente più veloci di quelli che aveva siglato in qualifica.
Ai box della Ferrari, dove avevano una visione più chiara di quanto stava succedendo, fecero dei gesti sempre più eloquenti e frenetici sia a Collins che ad Hawthorn, chiedendo loro di aumentare sensibilmente il ritmo. Ma non c’era nulla che potessero fare. Come scrisse il giornalista Denis Jenkinson, di Motor Sport: “Quando ‘il vecchio’ stabilisce il suo ritmo da record, non c’è nessuno che lo può fermare, soprattutto al ‘Ring”.