Cap.1:
Uno di noi
Quando si parla di Lorenzo Bandini, la memoria viaggia veloce verso
il terribile rogo del Gran Premio di Monaco del 1967. Così raccontò
quella tragica giornata Enzo Ferrari: "Ricordo quel giorno di
Maggio del 1967. Ero nel mio studio di Maranello, davanti al televisore...
Quando vidi il grosso fungo nero di fumo che deturpava sinistramente
la baia di Montecarlo... Sentii che quella macchina in fiamme era
una delle mie. Ora non so dire perché, ma intuii Bandini nel rogo
e fui sicuro che non lo avrei più visto." Il rogo di Montecarlo
si era portato via una sicura promessa dell'automobilismo, uno degli
ultimi eroi senza macchia e senza paura.
Bandini era un pilota ed una persona vera, amata. Si potrebbe azzardare
che sarebbe diventato uno dei più grandi e che la sua morte è stata
dovuta alla sua troppa passione, al suo troppo coraggio. Sicuramente
Lorenzo ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile.
La favola spezzata di Bandini aveva tutte le caratteristiche della
storia a lieto fine: era un bel ragazzo, nato povero ma fattosi
largo nella vita grazie al proprio orgoglio ed alle proprie forze,
sposato con la figlia del titolare dell'officina in cui lavorava...
In questo contesto idilliaco, fa ancora più rabbia la mancanza del
lieto fine...
Cap.2: L'inizio della favola
Lorenzo Bandini nasce nel Dicembre del 1935 a Barce, cittadina della
costiera libica, allora colonia italiana. Nel '38 la famiglia Bandini
si trasferisce in Italia, precisamente a San Cassiano, a due passio
da Faenza. Dopo tanti anni di duro lavoro all'estero, finalmente
la famiglia Bandini vive un momento di meritato riposo e con i risparmi
accumulati nel tempo acquista un piccolo albergo ed un casa. Arriva
però la guerra con il suo incedere distruttivo ed improvvisamente
la situazione precipita. L'albergo viene bombardato e semidistrutto,
il padre di Lorenzo muore fucilato. La famiglia cade nella miseria
più assoluta e per Lorenzo inizia la stagione del lavoro.
Trasferitosi a Reggiolo in provincia di Reggio Emilia, Lorenzo entra
a dare manforte nell'officina di Elico Millenotti, meccanico specializzato
nella riparazione di motociclette. Trascorrono tra lavoro e speranze
gli anni della guerra e quelli subito seguenti. Nel 1950, all'età
di 15 anni, Lorenzo si sente sufficientemente grande e preparato
per tentare la fortuna in una grande metropoli. Decide così di raggiungere
sua sorella maggiore a Milano, dove nel giro di pochissimo tempo
riesce a trovare lavoro presso il Garage Rex di via Plinia, di proprietà
di quel Goliardo Freddi che per Lorenzo assumerà il posto di quel
padre perso quando era ancora troppo piccolo. Freddi intravede le
grandi doti del giovanotto e lo porta con sé a vedere le gare a
Monza, non ostacolando, anzi assecondando, la crescente passione
di Bandini per i motori e le gare automobilistiche. Nella testa
di Lorenzo prendono forma i miti di Nuvolari, Ascari, Varzi, Fangio,
Farina...
Bandini continua con successo nel suo mestiere di meccanico, ma
dentro di sé prende forma il progetto di emulare i sui miti su quattro
ruote e la decisione di intraprendere la carriera di pilota da corsa
è ormai cosa fatta.
Il buon Freddi, spinto anche dal fatto che tra Lorenzo e sua figlia
stava nascendo una storia d'amore, decide di dare una mano al suo
giovane meccanico prestandogli la sua fida Fiat 1100 TV bicolore.
Con questa vettura Lorenzo si iscrive alla Castel Arquato-Vernasca,
una corsa in salita. Corre l'anno 1956 e la carriera di Lorenzo
Bandini ha ufficialmente inizio. Arriva quindicesimo e felice in
questa sua prima gara, conscio del fatto che un periodo di apprendistato
é indispensabile prima di pensare di ottenere risultati di rilievo.
Continua così imperterrito a partecipare ad una moltitudine di gare,
senza badare al risultato, ma solo a collezionare preziose esperienze
di cui fare tesoro per il proseguo della carriera. Passa dalla Bolzano-Mendola,
alla Garessio-San Bernardo, alla Lessolo-Alice (che vince), fino
alla Trento-Bondone e alla Pontedecimo-Giovi. Tutte corse di secondaria
importanza dove ciò che più conta è appunto l'esperienza, le amicizie
e le conoscenze che queste partecipazioni portano.
Dalla 1100 di Freddi, Lorenzo passa ad una Fiat 8V di 2000 cc, una
delle migliori vetture sport del periodo. Nel 1958 arriva il primo
risultato veramente di rilievo: vittoria di classe nella 2000 Gran
Turismo alla Mille Miglia con una Lancia Appia Coupé. Sempre nel
'58 ottiene un ottimo terzo posto assoluto nella massacrante Coppa
d'Oro di Sicilia, questa volta al volante di una Volpini Junior.
Nel 1959 partecipa al maggior numero di gare possibile e con una
Stanguellini è di nuovo terzo nella Coppa d'Oro di Sicilia e primo
a Innsbruck e nella Coppa della Madunina. Prende parte anche alla
Coppa Sant'Ambroeus, alla gara sul circuito di Sassari, alla Coppa
Junior a Monza, alla Pontedecimo-Giovi, alla Catania-Etna, alla
Coppa Shell di Roma, fino al Gran Premio di Montecarlo Junior, al
Gran Premio di Pau ed il Trofeo Crivellari Junior, ottenendo alcune
vittorie e diversi piazzamenti. Arriva il 1960, anno che si apre
con i migliori auspici in quanto come pilota ufficiale Stanguellini,
vince il Gran Premio della Libertad a Cuba. A Monza quell'anno Bandini
conosce un altro giovane e promettente pilota italiano: Giancarlo
Baghetti.
Cap.3: La Ferrari nel mirino
Nel resto della stagione si susseguono una serie di ottimi risultati
nelle varie gare disputate, senza però mai trovare la prestazione
davvero eclatante, in grado cioè di metterlo sotto le luci della
ribalta del mondo delle corse automobilistiche. Inizia la stagione
1961 nella quale riesce inizialmente ad ottenere un'importante vittoria
nella Coppa Junior di Monza. L'aspirazione di Lorenzo era quella
di riuscire a mettersi in mostra per arrivare a guidare una Ferrari.
In quel momento storico infatti la Ferrari metteva a disposizione
di una giovane promessa una sua vettura. La decisione del prescelto
veniva presa dalla Fisa che premiò però Giancarlo Baghetti. La delusione
di Bandini fu ovviamente grande, ma qualcuno si era comunque accorto
di lui: il titolare della scuderia Centro-Sud, Mimmo Dei, offrì
infatti a Lorenzo una delle sue monoposto, delle Cooper con motore
posteriore Maserati di 1500 cc.
Con questa vettura Bandini esordisce a Pau, in Francia, riuscendo
a salire sul terzo gradino del podio subito dietro le due Lotus
Climax di Clark e Bonnier. Galvanizzato dall'ottimo risultato, Dei
decide di iscrivere il suo pilota ad una gara ufficiale del campionato
del mondo di Formula Uno, precisamente a Spa-Francorchamps. Bandini
non è fortunato in questo suo esordio iridato, ma l'importante è
essersi comunque messo in luce. Dei, che stravede per il suo pupillo,
gli mette a disposizione una Ferrari (la prima nella carriera di
Bandini) per partecipare, in coppia con Giorgio Scarlatti, alla
4 ore di Pescara. La gara si rivela un trionfo, nel quale Bandini
ha un ruolo fondamentale. Questa importante affermazione, si rivelò
fondamentale per la carriera di Bandini, in quanto finalmente Ferrari
lo manda a chiamare e nel Dicembre di quell'anno gli mette a disposizione
una sua vettura.
Mimmo Dei, che vantava un contratto con Lorenzo per tutto il 1962,
capisce che per il suo pilota questa è un'occasione irripetibile
e, dimostrando tutta la sua generosità, gli lascia la libertà di
gestire al meglio la sua carriera. Così Bandini approda alla corte
di Maranello carico di entusiasmo e di voglia di emergere. La prima
corsa con la Rossa la disputa in Francia sul circuito di Pau, dove
ottiene un discreto quinto posto. Subito dopo, in coppia con l'amico-rivale
Baghetti, prende parte alla Targa Florio dove alla fine risulta
secondo. Questi risultati, benché oggettivamente apprezzabili, in
realtà non soddisfano del tutto la voglia di imporsi innata nella
personalità di Lorenzo. L'impegno che mette nella guida è sempre
maggiore, ed in effetti i riscontri sono evidenti: primo posto nella
Gran Premio del Mediterraneo, terzo a Montecarlo, ancora primo sul
circuito di Enna, ottavo a Monza.
Nonostante questi buoni risultati le convocazioni come prima guida
in Formula Uno da parte della Ferrari stentano ad arrivare. Addirittura,
nella stagione del '63, è Willy Mairesse ad affiancare John Surtees
alla guida delle monoposto del Cavallino Rampante. Solo in seguito
ad un incidente che mette fuori causa Mairesse, Bandini ritorna
al volante di una Ferrari in Formula Uno. Nel frattempo, trattenendo
a stento la cocente delusione dovuta alla scarsa considerazione
da parte del Drake, Bandini non si ferma e corre per il Mondiale
marche con la Ferrari, in Formula Uno con la Cooper Maserati e con
la BRM. Arriva anche una grande affermazione in coppia con Scarfiotti
nella 24 ore di Le Mans, stabilendo tra l'altro anche il nuovo record
della corsa con 4.561 Km alla media di 190 Km/h. Per il resto della
stagione Bandini continua a partecipare al maggior numero di gare
possibile, ottenendo ottimi risultati ed il titolo di Campione Italiano
Assoluto.
E' in questa fase che Enzo Ferrari riesce ad inquadrare il pilota
Bandini in maniera più consistente, vedendo in lui un vero appassionato
di motori e di corse oltre che ligio alla causa della scuderia di
Maranello. Nel 1964 una monoposto Ferrari in Formula Uno è sua!
Bandini mette il proprio consistente contributo nella conquista
del titolo mondiale da parte di Surtees, risultando tra l'altro
fondamentale nell'ultima gara della stagione, in Messico, quando
riesce a tenere dietro di sé Graham Hill, anch'esso in lotta per
il titolo. In quell'anno Bandini ottiene anche la sua purtroppo
unica vittoria in Formula 1 nel Gran Premio d'Austria. Ormai è un
pilota vincente e conosciuto anche dalla massa, ed il secondo titolo
consecutivo di Campione Italiano Assoluto è il giusto riconoscimento
di una stagione esaltante.
Il 1965 si apre positivamente con la vittoria nella Targa Florio
in coppia con Vaccarella, ma nel proseguo dell'anno le cose non
vanno nel modo auspicato: le prestazioni sono quasi sempre opache
e anche molto sfortunate. A fine anno addirittura Enzo Ferrari si
espresse alla stampa in questo modo: "Per ora abbiamo un corridore
e mezzo. Premesso che da noi lavora l'ingegnere collaudatore Parkes,
vincolato fino al 1967 e premesso altresì che abbiamo un pilota,
John Surtees, ora purtroppo infortunato, e che è con noi impegnato
fino al Dicembre del 1966, ci dichiariamo disponibili ad allenare,
come abbiamo già iniziato, piloti italiani... Bandini è come un
altro, continueremo a farlo correre, continueremo a provarlo. Se
Bandini andrà più forte degli altri ovviamente correrà sempre...
Quando uno ha due vetture bisogna che le affidi ai due che vanno
più forte: con questo non intendo sottovalutare Bandini, ma non
intendo creare delle inamovibilità per chiunque corre su una Ferrari.
Metteremo sopra quelli che ci daranno maggiore affidamento..."
Parole che dette da un costruttore con ambizioni massime come Ferrari
possono risultare ovvie e comprensibili, ma che sicuramente non
fecero piacere a Bandini il quale viceversa pensava di avere facilmente
rinnovato quel contratto con la scuderia di Maranello in scadenza
a fine anno. Invece Bandini deve rimettersi in gioco, come è ormai
abituato a fare da 10 anni, e lo fa nel migliore dei modi all'inizio
della stagione del 1966 ottenendo un terzo posto in Belgio ed un
secondo posto a Montecarlo, issandosi addirittura al comando della
classifica del Mondiale piloti. Il sogno iridato di Lorenzo dura
però solo sino al Gran Premio di Francia a Reims dove è costretto
al ritiro dopo aver ottenuto la pole position. La stagione si conclude
per Bandini con la conquista di un altro titolo di Campione Italiano
Assoluto.
Cap.4: La resa dei conti a Montecarlo
Arriva così il 1967 che si presenta come l'anno della svolta, della
decisiva consacrazione. Ed è infatti un Bandini motivatissimo e
deciso come non mai quello che sbaraglia gli avversari sia nella
24 ore di Daytona che nella 1.000 Km di Monza in coppia con Chris
Amon alla guida della Ferrari 330 P4. Queste affermazioni fanno
crescere ancora di più in Lorenzo la consapevolezza che niente e
nessuno sarebbe riuscito a fermarlo in quell'anno che sia annunciava
per lui trionfale. L'appuntamento col Gran Premio di Montecarlo
avrebbe dovuto confermare questa convinzione di superiorità. L'unico
che in cuor suo Bandini sapeva di dover temere era il suo compagno
di squadra, quel Ludovico Scarfiotti che con la vittoria a Monza
dell'anno prima aveva dimostrato di potersi rivelare un osso duro.
Enzo Ferrari si espresse così ricordando il dualismo tra i suoi
due piloti: "Vedeva in Scarfiotti tutto quello che lui, Lorenzo,
non era riuscito ad essere. Ludovico era il ragazzo ricco, felice,
che aveva trovato nella sua vita le tappe già tracciate, anche se
per questo aveva voluto guadagnarsi con il rischio qualcosa di suo.
Lorenzo sentiva epidermicamente questa differenza. Lo ingelosiva
quell'amico che aveva affrontato la carriera agonistica con la tranquillità
di trovare una strada e superare la normale routine. Lui si sentiva
il figlio del modesto meccanico di San Cassiano di Romagna...".
Bandini arriva a Montecarlo con lo stato d'animo di chi vuole scacciare
i fantasmi dalla propria anima, con la foga di chi vuole dimostrare
al mondo di essere davvero un numero uno, dopo anni e anni di gavetta,
sempre a dimostrare di dover essere all'altezza della situazione.
Montecarlo rappresenta per Lorenzo il punto di non ritorno.
Enzo Ferrari, uomo vero e di cuore infinito, capisce questa situazione
ed affida a Bandini la prima guida.
Il Gran premio di Monaco, da sempre vetrina esclusiva per i personaggi
che contano, si appresta a vivere al sua venticinquesima edizione
ed una pubblico numerosissimo fa da cornice allo svolgimento delle
varie gare in programma. Anche i principi regnanti Ranieri e Grace,
come prassi vuole, sono tra i numerosi spettatori disseminati lungo
il tracciato del circuito monegasco.
Il Gran Premio di Formula Uno viene preceduto da alcune gare di
contorno e da una sfilata di vetture d'epoca.
Finalmente arriva il momento della partenza: Bandini con uno scatto
fulmineo si porta immediatamente a condurre le danze e, imprimendo
alla sua Ferrari numero 18 un ritmo forsennato, guadagna in un solo
giro un secondo e mezzo sulla Brabham di Denis Hulme, futuro Campione
del Mondo. Nelle posizioni di rincalzo però Jack Brabham rompe il
motore Repco della sua vettura, inondando la pista d'olio e causando
una serie di testa coda e di uscite di pista tra i piloti dietro
di lui.
Quando Bandini passa in quel punto, il giro seguente, è ignaro di
cosa lo sta aspettando e, colto di sorpresa, si ritrova girato in
pista in un baleno. Quando riesce a riprendere la corsa si ritrova
in terza posizione dietro a Hulme e Stewart che nella concitazione
di quei momenti sono riusciti a sopravanzarlo, subito tallonato
da Surtees, Gurney, Bruce McLaren e Clark. Bandini non si dà per
vinto e parte in una furiosa rimonta a suon di giri veloci. Nel
frattempo si ritira Stewart, lasciando al pilota italiano la seconda
posizione. Al 61° giro il distacco tra Bandini e Hulme è di soli
7,6 secondi ma tra i due in lotta per la vittoria ci sono due doppiati.
Il primo, Rodriguez, si lascia superare agevolmente, ma il secondo,
Graham Hill, dà filo da torcere al pilota della Ferrari. Hill infatti
ha ancora il dente avvelenato per un fatto accaduto nel lontano
Gran Premio del Messico del 1964, quando Bandini, per giochi di
squadra, tenne dietro il pilota scozzese seppur in procinto di essere
doppiato.
Bandini impiega oltre due giri per passare Hill e quando ci riesce
il suo distacco da Hulme è salito ad oltre 12 secondi. Probabilmente
questo episodio sancisce la svolta della gara, in quanto Lorenzo
perde la concentrazione e lo stimolo, la fiamma che arde dentro
di lui si spenge...
Dal 65° all'80° giro il distacco dal battistrada aumenta sino a
toccare i 20 secondi.
Infine arriva l'82° giro.
Cap.5: La favola spezzata
Bandini supera il tunnel ed entra nella chicane del porto ad una
velocità quasi doppia rispetto al solito, non riesce a controllare
la sua Ferrari e sbanda vistosamente urtando prima a destra e poi
a sinistra della sede stradale, ed infine dirigendosi a piena velocità
contro un palo della banchina del porto, colpendolo in pieno col
muso della vettura.
La Ferrari, ormai completamente senz'anima, si impenna in aria compiendo
una mezza piroetta e ricade rovesciata percorrendo oltre trenta
metri con le ruote in aria ed ormai completamente avvolta dalle
fiamme sprigionatesi al momento del primo impatto.
Occorrono tre interminabili minuti ai commissari di pista, aiutati
dal Principe di Borbone Parma, che seguiva la corsa in quel punto,
e da Baghetti, per estrarre il corpo straziato di Bandini dalla
carcassa infuocata della sua Ferrari n°18.
Il pilota viene trasportato a bordo di una lancia al vicino ospedale,
dove viene immediatamente operato per asportargli la milza e tentare
di curare la numerose lesioni riportate nell'incidente. La situazione
appare comunque subito disperata in quanto le lamiere contorte della
vettura hanno fatto scempio del fianco sinistro del pilota, danneggiandogli
irrimediabilmente la milza ed il polmone sinistro. Il corpo di Bandini
è ustionato per oltre l'80%.
Ricostruendo per un attimo la dinamica dell'incidente si nota come
diversi fattori hanno tramato per rendere la situazione drammatica
ai massimi livelli: nel punto dell'impatto infatti erano presenti
i pali metallici usati dalle navi attraccate nel porto che hanno
impedito alla vettura senza controllo di finire in mare senza conseguenze
come per Ascari nel Gran premio di Monaco del 1955. Inoltre le balle
di paglia poste ai bordi della pista non hanno fatto altro che alimentare
le fiamme sprigionatesi a bordo della Ferrari dopo l'impatto. Ad
aggravare la situazione c'è da segnalare anche che i commissari
di pista non erano dotati di tute ignifughe, costringendoli così
a manovre più cautelate (e più lente) per estrarre il pilota dall'abitacolo.
Il presidente della Federazione francese degli sport automobilistici,
Claude Bourillot, dichiara: "Da anni ci rifiutiamo di seguire
il progresso. Assomigliamo ad aviatori che vorrebbero atterrare
con dei Boeing su aeroporti della prima guerra mondiale. Lanciare
a duecento all'ora, in città come Montecarlo o come Pau, dei bolidi
come quelli attuali è pazzesco".
In Italia addirittura l'onorevole Loris Fortuna dei socialisti presenta
un'interrogazione parlamentare chiedendo l'abolizione delle gare
automobilistiche. I giornali si chiedono con sgomento e dolore se
sia davvero utile uno sport così rischioso. Polemiche da ogni parte
sociale si scatenano in Italia ed in Francia sull'opportunità di
continuare ad organizzare competizioni automobilistiche.
Lorenzo Bandini muore, dopo oltre settanta ore di agonia, il 10
Maggio del 1967.
Il suo spirito però non è morto, ed è anche in suo nome che tutto
lo sport motoristico compie un esame di coscienza che porterà di
lì a poco a drastiche decisioni in materia di sicurezza attiva e
passiva dei piloti.
Il sacrificio di Lorenzo Bandini non si è compiuto invano. |