Monografia sulla Ferrari 375 F1, autore Matteo "Tower" Torre
Ferrari 375 F1
Cap.1: Battere l'Alfa

Nel 1950 viene istituito il Campionato Mondiale di F.1, che prevede la possibilità di schierare vetture di cilindrata massima contenuta in 1500 cm3, dotate di compressore volumetrico, o 4500 cm3 aspirate. Nell’immediato dopoguerra la squadra più forte è l’Alfa Romeo, scuderia per la quale Enzo Ferrari aveva corso e di cui era stato l’animatore per oltre un decennio. In questa ottica e risulta subito evidente che la Casa del biscione sia innegabilmente l’avversario da battere, riferimento assoluto ciò evidentemente non solo per ragioni commerciali.
A convincere Enzo Ferrari della necessità di percorrere una nuova strada tecnologica, per battere l’invincibile Scuderia del Portello, è l’ingegner Aurelio Lampredi, il quale sceglie di abbandonare la soluzione del compressore, che in passato aveva assicurato all’Alfa successi a ripetizione, in luogo di quella rappresentata dai propulsori ad alimentazione atmosferica.

Cap.2: Il 12 cilindri


Ferrari realizza così un 12 cilindri da 3322 cm3 capace di erogare la bellezza di 300 CV, il quale viene installato sulla 275 F1. Ma la concorrenza è quanto mai agguerrita e la ricerca di sempre maggiore potenza porta ad aumentare progressivamente la cilindrata. Si passa così al propulsore da 4102 cm3 montato sulla 340 F.1, una vettura che si dimostra in grado di rivaleggiare ad armi pari con le più accreditare rivali dotate di compressore. In seguito, sul finire del 1950, nelle officine di Maranello viene prodotta l’ultima evoluzione del 12 cilindri di Lampredi: un motore di 4500cm3 in grado di sprigionare 350 Cv a 7000 giri. Si tratta di un propulsore che sostanzialmente conserva la filosofia progettuale del 12 cilindri montato sulla “vecchia” 275, ma migliorato sotto molteplici punti di vista. L’aspetto più significativo è probabilmente il passaggio dalle guarnizioni all’avvitamento delle teste sui cilindri, a tutto vantaggio dell’efficienza meccanica. Il carter è fuso in lega leggera e raffinati calcoli fanno sì che siano evitato sovraccarichi sui componenti del propulsore, così che i piloti possano sfruttarne appieno le potenzialità, minizzando il rischio di rotture. Questo motore viene installato sul telaio della 340 F1, ampiamente rivista e corretta. Vengono infatte modificate le sospensioni, per migliorare la tenuta di strada, adottati i tamponi all’anteriore per proteggere la balestra anteriore, e installati freni a doppi cilindretti allo scopo di rendere più stabile la vettura in frenata.

Cap.3: I primi passi

La 375 F1, questo il nome della nuova nata, si presenta in pista per la prima volta a Monza nei test di agosto, facendo subito segnare ottimi tempi. In gara però le vetture di Ascari e Serafini sono costrette alla resa. Trionfa l’Alfa con Nino Farina che si aggiudica così anche il primo Campionato del Mondo di F.1.
Il Campionato del mondo del ’51 ha inizio in Svizzera, sul celebre circuito di Bremgarten, nei pressi di Berna. Fangio su Alfa giunge vittorioso al traguardo mentre delle tre Ferrari 375 di Ascari, Villoresi e Taruffi sarà proprio quest’ultima ad avere migliore sorte, piazzandosi al secondo posto dopo un’accesa battaglia con Farina. Il secondo GP dell’anno si disputata sullo splendido e temibile circuito di Spa: sui lunghi curvoni del circuito delle Ardenne è di nuovo sfida tra piloti Ferrari e lo squadrone Alfa Romeo: Farina riesce ancora a spuntarla ma questa volta le Ferrari occupano il secondo e il terzo posto. Al GP di Francia la spunta ancora Fangio, dietro di lui Ascari e Villoresi, a dimostrazione di una competitività che cresce di corsa in corsa. A Reims come in Belgio le Ferrari montano pneumatici Englebert, alla ricerca di quel poco di competitività che ancora manca alle monoposto di Maranello.

Cap.4: La prima vittoria rossa

Successo che non si farà attendere ancora a lungo, per la precisione fino al 14 luglio 1951, nell’amena campagna inglese, sul nastro d’asfalto di un ex aeroporto militare. Silverstone, una delle piste destinate ad entrare nella leggenda dell’automobilismo, vede infatti la prima vittoria di una Ferrari in una gara ufficiale del Mondiale di F.1, in una domenica che rappresenta una pietra miliare nella storia delle corse.

Al via della corsa Fangio guadagna la prima posizione e prova ad allungare, Froilan Gonzalez sulla 375 F.1 n.12 (telaio n.2) lo insegue con caparbietà e riesce a superare l’asso dell’Alfa. Gonzalez a questo punto aumenta il ritmo fino a guadagnare sufficiente terreno per fermarsi ai box, rifornire e ripartire ancora in testa. L’asso argentino si impone così con un vantaggio consistente regalando alla Ferrari la prima vittoria, ma soprattutto la conferma che battere lo squadrone Alfa Romeo è possibile, e ora che il sentiero è stato aperto si tratta solo di percorrerlo, alla ricerca della continuità delle prestazioni.

Cap.5: L'avventura americana

La 375 F.1 entra di diritto nella storia del Cavallino Rampante e dell’automobilismo sportivo per la vittoria di Silverstone, ma questa monoposto è attrice in un’altra corsa che merita di essere ricordata per varie ragioni: la 500 Miglia di Indianapolis del 1952. Bisogna premettere che, sebbene in quegli anni questa corsa fosse valida per il Mondiale di F.1, i piloti e le squadre europee disertavano regolarmente l’appuntamento americano: troppo diversa la tipologia del circuito e dunque le esigenze tecniche rispetto alle richieste delle corse europee o comunque disputate su circuiti stradali. Correre ad Indianapolis con vetture costruite per primeggiare in condizioni molto differenti significava andare incontro a una brutta figura, come minimo, per non parlare del rischio di danneggiare la monoposto contro il famigerato muretto che circondava, e circonda tutt’ora il tracciato.

Nonostante la totale mancanza di esperienza nelle corse sui circuti ovali, e anzi proprio per cominciare a raccogliere dati utili per ambire al successo, Enzo Ferrari decide di mandare Alberto Ascari a disputare la 500 miglia. Viene così portata in America una 375 F.1 che inevitabilmente fin dalle prime prove conferma i sospetti della vigilia, producendosi in prestazioni insufficienti persino a garantire la qualificazione di Ascari nei 33 posti disponibili in griglia. Il problema che affligge la 375 è essenzialmente il peso eccessivo, dovuto alla presenza di elementi come il differenziale o i freni anteriori, ovviamente inutili sulla pista di Indianapolis. Da Maranello, Ferrari invia, appena in tempo per le prove di qualificazione un equipaggio di carburatori quadricorpo allo scopo di aumentare la potenza del propulsore e quindi mettere a disposizione del campione milanese una monoposto in grado almeno di qualificarlo al via. Come si legge in una nota di Franco Gozzi, nelle prime pagine del “Libro delle Corse” del 1952, la 375 modificata Indianapolis era dotata di telaio e sospensioni rinforzate, per sopportare le terribili sollecitazioni dovute alle alte velocità di percorrenza di Indianapolis. Con questo mezzo, non certo performante, Ascari riesce a qualificarsi, dimostrandosi ancora una volta pilota di classe superiore.

La gara risulta però avara di soddisfazioni poichè al 13° dei 200 giri in programma, per la rottura di un portamozzo della ruota anteriore sinistra, Ascari è costretto al ritiro, scrivendo di fatto la parola fine alla scalata della Ferrari verso la vittoria nella già allora mitica gara di Indianapolis. E’ questo un capitolo che a Maranello non verrà mai più riaperto.

Monografia ed immagini pubblicate su autorizzazione di Ferrari.
Il testo che avete stampato proviene da Formula Zero e non può essere copiato, duplicato, replicato o modificato senza il previo consenso dell'autore.

Formula Zero - http://www.formulazero.it