Cap.1:
Battere l'Alfa
Nel 1950 viene istituito il Campionato Mondiale di F.1, che prevede
la possibilità di schierare vetture di cilindrata massima contenuta
in 1500 cm3, dotate di compressore volumetrico, o 4500 cm3 aspirate.
Nell’immediato dopoguerra la squadra più forte è l’Alfa Romeo, scuderia
per la quale Enzo Ferrari aveva corso e di cui era stato l’animatore
per oltre un decennio. In questa ottica e risulta subito evidente
che la Casa del biscione sia innegabilmente l’avversario da battere,
riferimento assoluto ciò evidentemente non solo per ragioni commerciali.
A convincere Enzo Ferrari della necessità di percorrere una nuova
strada tecnologica, per battere l’invincibile Scuderia del Portello,
è l’ingegner Aurelio Lampredi, il quale sceglie di abbandonare la
soluzione del compressore, che in passato aveva assicurato all’Alfa
successi a ripetizione, in luogo di quella rappresentata dai propulsori
ad alimentazione atmosferica.
Cap.2: Il 12 cilindri
Ferrari realizza così un 12 cilindri da 3322 cm3 capace di erogare
la bellezza di 300 CV, il quale viene installato sulla 275 F1. Ma
la concorrenza è quanto mai agguerrita e la ricerca di sempre maggiore
potenza porta ad aumentare progressivamente la cilindrata. Si passa
così al propulsore da 4102 cm3 montato sulla 340 F.1, una vettura
che si dimostra in grado di rivaleggiare ad armi pari con le più
accreditare rivali dotate di compressore. In seguito, sul finire
del 1950, nelle officine di Maranello viene prodotta l’ultima evoluzione
del 12 cilindri di Lampredi: un motore di 4500cm3 in grado di sprigionare
350 Cv a 7000 giri. Si tratta di un propulsore che sostanzialmente
conserva la filosofia progettuale del 12 cilindri montato sulla
“vecchia” 275, ma migliorato sotto molteplici punti di vista. L’aspetto
più significativo è probabilmente il passaggio dalle guarnizioni
all’avvitamento delle teste sui cilindri, a tutto vantaggio dell’efficienza
meccanica. Il carter è fuso in lega leggera e raffinati calcoli
fanno sì che siano evitato sovraccarichi sui componenti del propulsore,
così che i piloti possano sfruttarne appieno le potenzialità, minizzando
il rischio di rotture. Questo motore viene installato sul telaio
della 340 F1, ampiamente rivista e corretta. Vengono infatte modificate
le sospensioni, per migliorare la tenuta di strada, adottati i tamponi
all’anteriore per proteggere la balestra anteriore, e installati
freni a doppi cilindretti allo scopo di rendere più stabile la vettura
in frenata.
Cap.3: I primi passi
La 375 F1, questo il nome della nuova nata, si presenta in pista
per la prima volta a Monza nei test di agosto, facendo subito segnare
ottimi tempi. In gara però le vetture di Ascari e Serafini sono
costrette alla resa. Trionfa l’Alfa con Nino Farina che si aggiudica
così anche il primo Campionato del Mondo di F.1.
Il Campionato del mondo del ’51 ha inizio in Svizzera, sul celebre
circuito di Bremgarten, nei pressi di Berna. Fangio su Alfa giunge
vittorioso al traguardo mentre delle tre Ferrari 375 di Ascari,
Villoresi e Taruffi sarà proprio quest’ultima ad avere migliore
sorte, piazzandosi al secondo posto dopo un’accesa battaglia con
Farina. Il secondo GP dell’anno si disputata sullo splendido e temibile
circuito di Spa: sui lunghi curvoni del circuito delle Ardenne è
di nuovo sfida tra piloti Ferrari e lo squadrone Alfa Romeo: Farina
riesce ancora a spuntarla ma questa volta le Ferrari occupano il
secondo e il terzo posto. Al GP di Francia la spunta ancora Fangio,
dietro di lui Ascari e Villoresi, a dimostrazione di una competitività
che cresce di corsa in corsa. A Reims come in Belgio le Ferrari
montano pneumatici Englebert, alla ricerca di quel poco di competitività
che ancora manca alle monoposto di Maranello.
Cap.4: La prima vittoria rossa
Successo che non si farà attendere ancora a lungo, per la precisione
fino al 14 luglio 1951, nell’amena campagna inglese, sul nastro
d’asfalto di un ex aeroporto militare. Silverstone, una delle piste
destinate ad entrare nella leggenda dell’automobilismo, vede infatti
la prima vittoria di una Ferrari in una gara ufficiale del Mondiale
di F.1, in una domenica che rappresenta una pietra miliare nella
storia delle corse.
Al via della corsa Fangio guadagna la prima posizione e prova ad
allungare, Froilan Gonzalez sulla 375 F.1 n.12 (telaio n.2) lo insegue
con caparbietà e riesce a superare l’asso dell’Alfa. Gonzalez a
questo punto aumenta il ritmo fino a guadagnare sufficiente terreno
per fermarsi ai box, rifornire e ripartire ancora in testa. L’asso
argentino si impone così con un vantaggio consistente regalando
alla Ferrari la prima vittoria, ma soprattutto la conferma che battere
lo squadrone Alfa Romeo è possibile, e ora che il sentiero è stato
aperto si tratta solo di percorrerlo, alla ricerca della continuità
delle prestazioni.
Cap.5: L'avventura americana
La 375 F.1 entra di diritto nella storia del Cavallino Rampante
e dell’automobilismo sportivo per la vittoria di Silverstone, ma
questa monoposto è attrice in un’altra corsa che merita di essere
ricordata per varie ragioni: la 500 Miglia di Indianapolis del 1952.
Bisogna premettere che, sebbene in quegli anni questa corsa fosse
valida per il Mondiale di F.1, i piloti e le squadre europee disertavano
regolarmente l’appuntamento americano: troppo diversa la tipologia
del circuito e dunque le esigenze tecniche rispetto alle richieste
delle corse europee o comunque disputate su circuiti stradali. Correre
ad Indianapolis con vetture costruite per primeggiare in condizioni
molto differenti significava andare incontro a una brutta figura,
come minimo, per non parlare del rischio di danneggiare la monoposto
contro il famigerato muretto che circondava, e circonda tutt’ora
il tracciato.
Nonostante la totale mancanza di esperienza nelle corse sui circuti
ovali, e anzi proprio per cominciare a raccogliere dati utili per
ambire al successo, Enzo Ferrari decide di mandare Alberto Ascari
a disputare la 500 miglia. Viene così portata in America una 375
F.1 che inevitabilmente fin dalle prime prove conferma i sospetti
della vigilia, producendosi in prestazioni insufficienti persino
a garantire la qualificazione di Ascari nei 33 posti disponibili
in griglia. Il problema che affligge la 375 è essenzialmente il
peso eccessivo, dovuto alla presenza di elementi come il differenziale
o i freni anteriori, ovviamente inutili sulla pista di Indianapolis.
Da Maranello, Ferrari invia, appena in tempo per le prove di qualificazione
un equipaggio di carburatori quadricorpo allo scopo di aumentare
la potenza del propulsore e quindi mettere a disposizione del campione
milanese una monoposto in grado almeno di qualificarlo al via. Come
si legge in una nota di Franco Gozzi, nelle prime pagine del “Libro
delle Corse” del 1952, la 375 modificata Indianapolis era dotata
di telaio e sospensioni rinforzate, per sopportare le terribili
sollecitazioni dovute alle alte velocità di percorrenza di Indianapolis.
Con questo mezzo, non certo performante, Ascari riesce a qualificarsi,
dimostrandosi ancora una volta pilota di classe superiore.
La gara risulta però avara di soddisfazioni poichè al 13° dei 200
giri in programma, per la rottura di un portamozzo della ruota anteriore
sinistra, Ascari è costretto al ritiro, scrivendo di fatto la parola
fine alla scalata della Ferrari verso la vittoria nella già allora
mitica gara di Indianapolis. E’ questo un capitolo che a Maranello
non verrà mai più riaperto.
Monografia ed immagini pubblicate
su autorizzazione di Ferrari. |